L’attore si presenta in una nuova veste nel nuovo film Napoli-New York
Finalmente vedremo un Pierfrancesco Favino diverso. Diverso da quello che siamo abituati a vedere sempre. Napoli-New York è una fiaba. «Una storia – racconta l’attore al settimanale Gente – scritta negli Anni 40 e ritrovata per caso in un baule. Si parla di due bambini, che nel dopoguerra s’imbarcano come clandestini su una nave diretta a New York unendosi ai tanti emigranti italiani in cerca di fortuna in America». E Favino in questo film è il primo ufficiale di bordo che li aiuterà nella traversata, ma anche dopo, quando sbarcano…
Un personaggio «estremamente italiano.
Mi sono ispirato a Totò, Sordi, De Sica che, con i loro caratteri all’inizio meschini e cialtroni, poi danno prova della propria umanità, come solo gli italiani sanno fare».
Così Favino, che ricorda di essere il preside di una scuola di recitazione, torna a lavorare con dei bambini. Lui fin da bambino ha sempre avuto lo stesso sogno: «Sognavo di fare l’attore già a 7 anni, non so spiegarmi perché, ma l’ho sempre saputo».
La vita di Favino
Nella vita Pierfrancesco ha due figlie, Greta, 17 anni, e Lea, 11. «Per loro cerco di essere un punto di riferimento, presente, ma non ossessivo. Sia io sia mia moglie (l’attrice Anna Ferzetti, ndr) facciamo un mestiere che ci porta spesso a essere lontani ed è il mio cruccio. Cerco di esserci con l’affetto e il giusto rigore in modo che possano imparare a farcela da sole».
Tra essere attore ed essere padre è più difficile il secondo, nessun dubbio: «Il papà! Un film poi finisce, al massimo dura tre mesi; il papà è per sempre ed è il suo bello».
Ma essere padre è sempre stato il suo grande desiderio. A Gente racconta di aver sempre avuto «una station wagon anche da single. Non mi sono mai pensato senza figli. Ho la fortuna di venire da una famiglia molto numerosa, che ti fa associare molta della gioia della vita a quella tribù di scalmanati che è ogni famiglia. Ne sognavo proprio molti».
Domanda secca del settimanale diretto da Umberto Brindani: Ne vorrebbe altri? Risposta: «No, adesso sarebbe egoista. Però ogni tanto mi caricavo gli amici delle figlie sulla macchina così mi sentivo la famiglia Bradford. Con il vantaggio che magari tre bambini non sono tuoi e dopo li restituisci… . Sì, sono una persona a cui piace molto accudire». Ma non è l’unico per fortuna: «Conosco tanti di uomini così, felici di essere papà presenti: questa è una novità della nostra generazione rispetto alla precedente, che tendeva a trattarci con più distacco, compreso il mio».