Il divario retributivo di genere analizzato dalla Cgil, dati più significativi
nel settore privato rispetto al pubblico.
In Liguria le donne guadagnano fra i 9 e i 10mila 600 euro l’anno in meno rispetto agli uomini. Il gender pay gap o divario retributivo di genere, in regione è al 34,2% nel settore privato e al 25,3% in quello pubblico, secondo gli ultimi dati Inps elaborati dall’ufficio economico di Cgil Genova e Liguria, anno di riferimento 2023. La disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro è una delle manifestazioni più indicative del patriarcato e anche se, a parole, il governo nazionale per bocca del ministro Valditara prova a far passare il messaggio che non sia così («la visione ideologica delle pari opportunità è quella che vorrebbe risolvere la questione femminile lottando contro il patriarcato, quella concreta è ispirata ai valori della Costituzione» l’inciso del titolare dell’istruzione e del merito), nella pratica l’eguaglianza a oggi non c’è. Il divario lo descrivono i dati.
La retribuzione annua nel settore pubblico risulta diversissima per età e genere. In particolare aumenta al crescere dell’età fino a stabilizzarsi dai 55 anni in poi ed è costantemente più alta per gli uomini: 41mila 929 euro contro 31mila 312 euro per le donne, il 25,3% in meno, circa 10mila 617 euro. Nel privato gli uomini guadagnano in media 27mila 366 euro, le donne 17mila 995 euro. E questo, a parità, più o meno, del numero di giornate retribuite: 248 per gli uomini, 236 per le donne, 12 giornate e oltre 9mila euro di differenza. Come fa sentire questo dato? «Malissimo, i 10mila euro di differenza sono riconducibili a una serie di meccanismi — dice Maria Pia Scandolo, segretaria Cgil Liguria con delega alle politiche di genere — il part time nato per dare delle opportunità a chi volontariamente riteneva di dover far combaciare orario di lavoro e di vita propria è diventato una modalità lavorativa prioritaria e a volte obbligata per le donne. Non abbiamo un substrato fertile all’esterno che si faccia carico del lavoro di cura».
Una donna su cinque lascia il lavoro quando mette al mondo un figlio secondo l’Istat, crescono i part time «involontari» perché ancora oggi le «mamme equilibriste» le definisce Save the Children, stanno sul filo precario dell’occupazione, a cui provano a rimanere aggrappate con il peso del carico familiare, a volte non riescono a tenere insieme tutto, lavoro e famiglia, quel filo si strappa e loro restano escluse. I servizi sono carenti, l’accesso al nido difficilissimo, i bonus una carezza rada, le donne si trovano costrette a scegliere fra essere lavoratrici o madri. La violenza economica è il volto meno noto della violenza di genere. Non ci sono politiche e strategie — raccontano sindacaliste e lavoratrici liguri — che portino alla costruzione di un percorso dentro cui le donne, le giovani, le madri «possano intraprendere sani percorsi di crescita».
Nella giunta regionale appena nominata c’è solo una donna e ciò ha scatenato la polemica della Cgil. Il presidente Marco Bucci ha provato, malamente, a rimediare a parole: «In futuro cercheremo con i livelli sotto di aumentare la rappresentanza femminile». I livelli sotto? «Le parole hanno un peso, i termini utilizzati fanno la differenza — precisa Scandolo — quando si identificano gli organismi che dovrebbero rappresentare gli enti sul territorio i posti per le donne non ci sono mai». Riferendosi alle parole di Valditara aggiunge: «Il patriarcato è fortemente presente anche nelle leggi finanziarie, ci sono delle violenze economiche nel momento in cui non riconosci determinate partite rivolte ai servizi e alle opportunità che una donna potrebbe e dovrebbe avere. L’azione politica dovrebbe essere quella che per prima a un Paese offre opportunità di cambiamento». Sabato al largo Pertini, alle 16, il flash mob “rompiamo il silenzio” in occasione del 25 novembre, vedrà diverse donne unite in un grande girotondo per condividere la necessità di parlare di violenza e patriarcato. Parteciperanno fra gli altri Cgil Genova e Liguria, coordinamento donne Anpi Genova, Udi, Arci, Legambiente.