Tribunali, guardia di finanza, truffa aggravata, brand che si eclissano, un marito incapace di non far danni. Parole intorno a Chiara Ferragni, con un impero che sta collassando come una nana bianca (per quanto tempo durerà la tempesta?). Ma poco lontano c’è chi non è mai stato così brillante. Cristina Fogazzi (Estetista cinica su Instagram) ha dato una magistrale lezione di strategia comunicativa raccontando i cambiamenti della sua azienda, Veralab, a tutti i clienti-follower.
Breve riassunto: nei giorni scorsi, Peninsula capital, un fondo di private equity, è entrato con una quota del 30% nel capitale sociale di Reforme, la società proprietaria del marchio di prodotti di bellezza fondato da Fogazzi, Veralab, appunto. In soldoni, la partnership strategica tra l’imprenditrice bresciana, Mauro Marcolin – suo socio e amministratore delegato – e Peninsula mira a consolidare il piano di sviluppo del ‘beauty brand’, che stima di chiudere il 2023 con oltre 70 milioni di euro di ricavi consolidati (+20% sull’anno passato). Un passaggio chiave per molte realtà ed ex start-up che, come Veralab, hanno avuto successo. Qui il colpo di genio. Bastano lavagna e pennarello.
La vera famiglia Veralab
Invece che lasciare l’ostico vocabolario di assetti societari a siti e giornali specializzati, Cristina Fogazzi si è inventata una lezione ‘chi possiede cosa for dummies’ rivolta ai clienti-follower su Instagram, trattati come la platea di un Cda. Analizza Fabio Bin, co-founder di Weroad: “Ha spiegato passo passo, servendosi di una lavagna, com’è composta la proprietà raccontando le quote di partenza (sue e del suo socio Mauro); perché ha preso questa decisione, ovvero perché ha sentito la necessità di competenze che li aiutassero a traghettarsi su mercati internazionali, sottolineando con sincerità di aver pensato di far entrare in società qualcuno ‘di più bravo di noi’; ha raccontato le quote di atterraggio: sue, del suo socio e di Peninsula; ha presentato tutto il team (il suo socio e il team di Peninsula che ha seguito l’operazione)”. E, soprattutto, “ha fatto vedere ancora una volta alla community di essere una di loro”.
Una lezione eccezionale
In pochi minuti, l’imprenditrice bresciana è riuscita a far confluire il suo ‘personaggio’ social – la casalinga di Voghera 3.0 alla mano, spigliata, con imperfezioni e i problemi di tutti – nel futuro strategico di un marchio che fattura, vuole crescere e ha fondamenta solide. Una masterclass di ‘gestione della comunità’ basata su trasparenza e rispetto, che con ogni probabilità verrà descritta sui manuali degli studenti di marketing. Del resto, non si tratta di una sprovveduta. Nemmeno sulla beneficenza. Ha passato momenti duri (qui la storia dei punti-fagiana) e ne è uscita brillantemente. Come rimarca Stefano Feltri su Appunti, l’azienda di Fogazzi, nel bilancio sociale, per esempio, scrive che nel 2020 ha lanciato un burro cacao Kisses e l’intero ricavato è andato all’associazione Pangea onlus, “per una campagna per i diritti delle donne nel terzo mondo. “Un euro per ogni articolo, per un totale di 5.053 euro””. Numeri precisi. Siamo lontani anni luce dall’opaca confusione dell’operazione Balocco.
La differenza di strategia con Chiara Ferragni
Le differenze con la galassia Ferragnez sono abissali. Se da una parte il privato sui social serve solo a ingaggiare ed è protagonista dell”elemosina dei sentimenti’, per Cristina Fogazzi la sfera intima è una scala che porta nella stanza dei bottoni aziendali, dove tutto è visibile con una lente d’ingrandimento. Chiara Ferragni mostra con spudorata disinvoltura i figli minori, ma obnubila il flusso tra ‘charity’ e guadagno, tra cachet e investimenti immobiliari. Caduto il castello, il tonfo è stato assordante. Errori che Fogazzi non fa, mostrando di meritarsi, una volta su tutte, il massimo credito mediatico.